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Martina Germani: Perchè aderisco a “Se Non Ora Quando”

Una volta tanto, la nostra Martina sta dall’altra parte del microfono, in questa intervista di Vittorio Aimati (parte di un articolo in cui sono presenti anche altre ragazze di Artena) in cui spiega la sua adesione all’iniziativa Se Non Ora Quando.

Se non l’avete ancora capito, la nostra Martina è forte e basta!

Perché hai partecipato?
Ho deciso di partecipare alla manifestazione “Se non ora quando?” per diversi motivi. Intanto, come scrivo nell’articolo apparso su Artena Online, sono andata per entrare dentro quella piazza, per capire chi aveva deciso di aderire, quali uomini e quali donne e perché. Quali idee difendevano, quali princìpi. E’ molto complicato per me offrirvi un punto di vista definito. I temi tirati in ballo erano molti e molto complessi. Non c’entrava solo la dignità della donna, non si trattava solo di difendere i diritti delle donne e di urlare la pretesa di un trattamento paritario di uomo e donna nel mondo del lavoro, per esempio: mi vengono in mente storie di donne che, in dolce attesa, devono sentirsi mortificate. Come se un figlio fosse un non valore, se fosse deturpante rispetto al loro curriculum, si sentono addosso le pressioni di chi pensa che siano- in conseguenza della loro gravidanza- meno produttive. Ma non solo. Nella domanda parli di ideali, fai bene, perché si è trattato di difendere una visione del mondo. Io, insieme a tutte le persone che erano presenti in Piazza del Popolo a Roma e quelle che hanno riempito le altre piazze d’Italia coinvolte, ho in testa un mondo in cui la bellezza estetica di uomini e donne non sia la causa del loro inserimento nelle istituzioni. Non si può diventare consigliera regionale perché bella. Ci rendiamo conto di cosa, questo, comporti? E i talenti? E il merito? La selezione della classe dirigente deve essere l’esito di scelte ponderate, serie, responsabili. Quello della politica non deve essere un mestiere, ma una vocazione. Nel mondo a cui aspiro gli spiriti migliori stanno in alto, guidano. I migliori, quelli che nel privato non commettono reati, quelli che non confondono pubblico e privato, quelli che hanno una visione alta dello stare in società. Quelli che leggono poesie, che si impressionano davanti a “La libertà che guida il popolo”, che sentono i problemi degli altri membri come i loro problemi, allora pensano a soluzioni adatte e definitive. Quelli che credono che gli affaristi vadano emarginati ed esclusi dalla gestione della cosa pubblica, quelli che hanno a cuore la scuola: perché da lì tutto deve ripartire. La cultura al centro. Quelli che hanno uno scopo: essere degni di guidare. Quelli presi nel momento più fertile della loro vita, col cervello che gira veloce e il cuore che sente forte.
Il 13 febbraio si manifestava per reagire, per difendersi, per mostrare i denti stretti; si andava per mostrare la faccia nuova dell’Italia. Si andava per dirselo che tutto cambia, che deve partire da noi, però, tutto.

La gelmini ha detto che siete radical chic…
Quello di stigmatizzare e sminuire quelli che la Gelmini considera “avversari” è un metodo, il suo e del Pdl. Il suo e del presidente Berlusconi. Metodo che non solo denota poca intelligenza, ma anche chiusura. Si alzano muri. “Voi, un milione di persone, non siete niente. Siete radical-chic. Siete niente”. Solo chi è disposto a inginocchiarsi conta, solo gli elettori del partito dell’amore. Gli studenti manifestano? E’ cosa da niente. Le donne manifestano? Moraliste. Pezzi interi di società si lamenta della direzione presa dal paese? E’ cosa da niente. Ma che lettura è della realtà? E’ una lettura superficiale. È la lettura di chi vuole cullarsi nelle proprie certezze, “ho il 5o% degli italiani dalla mia”, ricorda spesso Berlusconi. E’ la visione di chi non vuole vedere, ma finisce per fare come quei bambini che, pensando di riuscirci, si coprono gli occhi, i loro, per diventare invisibili agli occhi degli altri.

Pensi che le voci delle persone scese in piazza servano?
Le voci contano. Contano i gesti, anche quelli simbolici. Conta il dissenso, sempre. Perché pesa, perché serve a contarsi. Serve a prendere consapevolezza e forza. E’ solo il punto di partenza, però. Si tratta di correre in direzione ostinata e contraria rispetto a questa. Tu hai già iniziato a prendere fiato?