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chi la fa l’Italia?

chi

certi numeri parlano chiaro. per esempio i risultati dell’indagine voluta dall’associazione culturale Club dell’economia, realizzata in collaborazione col Censis, disegnano una precisa percezione che gli italiani hanno dell’Italia. un paese “a disagio diffuso”, nel quale un esercizio di “lamentazione collettiva” ha prodotto un “blocco psicologico” che impedisce un autentico cambiamento. un paese incapace di “mettere in valore” ciò che ha di più caro – invenzioni, abilità e risorse; in cui persino il patrimonio culturale viene ancora pensato come qualcosa che avrebbe le potenzialità per esser trasformato in industria. però? un gigantesco però, in Italia, si mette in mezzo.

immaginate una piramide, e alla base i giovani: disoccupati, precari, diplomati, laureati – che sono i soggetti a cui abitare lo stivale conviene meno; e al vertice i politici, i sindacalisti e la finanza globale, per i quali gli affari sembrano andar bene. si dà questa forte divisione, almeno nella testa degli intervistati, tra il potere e il sapere, tra i primi – nei quali troviamo anche immigrati e anziani – e gli ultimi. le donne al centro, appesantite dalla “restrizione delle politiche sociali”.

in Italia ci sono ancora opportunità, cose che riescono senza difficoltà. è facile mangiare bene, secondo il 14.7% del campione ascoltato; è facile trascorrerci le vacanze (13%); ci si può divertire (11.4%); ed è più facile diventare famoso (9.6%) e vivere di rendita (7.3%), che studiare (7.0%). è un altro modo per dire che invece è difficile viverci tutti i giorni.

l’instabilità politica, la pressione fiscale e la burocrazia figurano tra le principali cause della nostra condizione, e ci risiamo. è come una storia letta tantissime volte, di cui conosciamo il finale e si, certo, vorremmo cambiarlo: ma non lo facciamo. come fossimo tutti osservatori, ma chi la fa l’Italia?
la ripresa, se la si vuole, bisogna andarsela a prendere.