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La sottile linea che corre tra Artena e Istanbul

La sottile linea che corre tra Artena e Istanbul

Bisogna tendere le orecchie ed avere ancora voglia di sentire,desiderio di ascoltare. Oltre il mare, fuori dalla finestra di casa nostra, si sente una musica, si sente una festa.
Accarezzata dalle note di un pianoforte arriva una canzone che parla di dignità, di autodeterminazione,di scelte e di resistenza. Nel centro di una piazza, vicino a qualche centinaio di alberi condannati, balla il mondo intero. Cambiano gli accenti, le pronuncie, le parole. Ciò che non cambia sono le vibrazioni di tante mani che battono il tempo, per resistere, per dimostrare di esserci.canzoni-per-oggi-piazza-taksim-638x425

Dentro Gezi park si materializza la forza del futuro che i giovani Turchi hanno deciso di plasmare, impastando la terra arida della violenza con il sudore e le risate. Cambiare il mondo con una festa, sostituendo le risa, la musica, i colori e gli sguardi vivi dei bambini e dei vecchi alla retorica della sopraffazione.
Ci vuole fegato e fiducia per combattere i lacrimogeni ed i proiettili di gomma con le orchidee, le pentole e le padelle. Bisogna credere che il mondo possa cambiare se le madri decidono di diventare scudo, contro gli idranti ed i blindati, e schierarsi tra le cariche della polizia ed i propri figli, scesi in piazza prima di loro. Ci vuole forza per non riportare a casa i ragazzi. Per resistere all’istinto materno che li vorrebbe al sicuro. Ci vuole amore per lasciarli compiere il proprio dovere di giovani.Uomini e donne che sanno di manifestare contro la demolizione di qualcosa di molto più grande di un parco.
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Contro questo coraggio non si può usare la disinformazione, la violenza, le solite tattiche con cui ogni bieco funzionario di polizia di ogni angolo di mondo tenta di screditare i movimenti che mettono in pericolo l’integrità di un sistema che non tiene più.
Ma ognuno di noi ha la propria parte in questo cambiamento. Ognuno di noi tutti, deve uscire alla finestra e sbattere forte le pentole e le padelle. Ognuno come può.
La musica arriva, le note diventano chiare e le parole ci ricordano che siamo solo noi ad avere il diritto ed ancor più il dovere di decidere come vogliamo costruire il mondo in cui vivranno i nostri figli. Noi decidiamo quali pezzi prendere, come comporli, con quali colori dare vita a questo disegno. Noi di artenaonline cerchiamo di fare la nostra parte, perchè per piccola che sia, ha il suo senso, il suo valore.gezi-kitap
Per quanto possibile cercheremo di dare eco ai ragazzi di Gezi park, così che almeno nel nostro piccolo mondo non si smetta di parlare di quei giovani, quegli anziani, quelle madri e padri, quei pianoforti e quelle sedie a rotelle che colorano Taksim, Ankara, Dersim e Antakya.
Il liveart quest’anno sarà dedicato a loro. A tutti loro. anzi, a Noi. Perchè il liveart è questo. Andare oltre, sempre, alla dicotomia tra “noi, che ci capiamo e voi, che non vi conosciamo”.
E’ autodeterminazione. E’ riappropiazione di uno spazio di cui abbiamo bisogno.
Il liveart è una festa per gridare NOI CI SIAMO!
Ci tengo a chiarire una cosa, che qualcuno fraintende forse anche per colpa nostra.Il liveart non serve ad una generica ed insensata rivalutazione del centro storico della nostra città, ma a dare la possibilità ad ogni giovane di Artena di avere un posto, una cantina, una strada dove poter costruire il proprio pezzo di futuro. Il liveart è un recipiente dove versare tutti i nostri sogni, sporcandoci le mani mescolandoli insieme. Sulle note di musiche diverse, ballare fino alla nausea per ribadire il prorio diritto a scrivere la storia che vogliamo raccontare ai nostri figli quando li rassicureremo nelle notti che verranno.
Il Liveart quest’anno sarà la nostra musica, che si unirà ad altre musiche, che suoneranno su centinaia di palchi e raggiungeranno orecchie e mani di luoghi lontani e diversi fra loro. Ma le coordinate delle nostre coscienze si incroceranno nel punto esatto in cui una ragazza viene investita dal getto di un idrante che dovrebbe servire a difenderne il futuro, non ad imprigionarne il presente.
Con questo post vorrei rispondere a Defne Suman, un’insegnante di yoga di Istanbul che sul suo blog scrive ai suoi “vicini di casa”:
“Vicino, hai capito? Ci sono persone che gridano di sotto. Vai alla finestra a dare un’occhiata. Tutte queste persone le conosci. Il ragazzo dell’ alimentari applaude. Pensionati anziani stanno sbattendo padelle e pentole. Nessuno è marginale, quì fuori. Siamo solo”noi”. Nessun altro …
Dai, per favore svegliati!

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