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Roger Lambrecths: chi era per noi e cosa succede ora che è morto.

Roger Lambrecths: chi era per noi e cosa succede ora che è morto.

L’articolo che leggerete è stato scritto da Giulia Ciucci, archeologa artenese emigrata ad Aix en Provence. La ringraziamo tanto.
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I miei occhi divorano la sua vita. I miei occhi scorrono veloci e leggono la vita di un uomo che ha
scelto Artena : Roger Lambrecths.
Alla fine degli anni settanta Artena è un piccolo paese alle porte di Roma che sta entrando nel
grattacielo per abbandonare le minute case del centro storico. Gli artenesi confondono lo status di
borghese con villette a schiera nella pianura; confondono la povertà con gli asini e con l’umidità nelle
case. Confondono e si confondono.
Negli stessi anni un professore di archeologia dell’università di Louvanio, in Belgio, prepara una
valigia per venire ad Artena. E non per abitare le eleganti villette della pianura; e nemmeno per
ristrutturare una casetta del centro storico in pieno stile “americano in Toscana”. Viene per
stabilirsi nel punto più alto: Piana Civita.
Appassionato di fotografia, avrà immortalato i volti di quegli ospiti obbligati che lo incuriosivano e
che incuriositi lo guardavano.
Immagino l’Artena fotografata dagli occhi di un “forestiero”, un letterato, un archeologo.
Penso e vivo la difficoltà di confrontarsi con una lingua straniera, comprensibile con lo studio delle
regole grammaticali, l’italiano e con una lingua difficile, chiusa, ufficiosa, che nessun libro può
insegnare, se non le bocche parlanti, l’artenese. Penso all’importanza dell’oralità . “Una notizia un
po’ originale , non ha bisogno di alcun giornale , come una freccia dall’arco scocca, corre veloce
di bocca in bocca”: un archeologo belga scava a Piana Civita.
È così che nasce il rapporto tra il Prof. Lambrechts e la città di Artena; la nostra città.
Alla fine degli anni settanta, i favolosi anni settanta, quando gli artenesi dimenticavano le loro
tradizioni, Lambrechts inizia a cercare le origini di quel paese che lo stava ospitando e che più tardi
(21 marzo 1990) gli conferirà la cittadinanza onoraria.
Al suo seguito gruppi di studenti dell’Università belga, futuri archeologi che scoprono il piccolo
borgo di Artena; alcuni resteranno affascinati dalle case aggrappate sul dorso della collina, dai
colori del cielo che mutano all’imbrunire a Piana Civita, dalle morbide linee delle colline
circostanti che guidano lo sguardo al mare….così affascinati da tornare ogni anno e sentirsi
profondamente legati a quel luogo.
E anche il Gruppo Archeologico di Artena, formato da artenesi appassionati di archeologia, inizia
a collaborare con il Professore, apportando un fondamentale contributo ai lavori diretti dalla
missione belga ed oggi scrigno prezioso di ricordi e di aneddoti sulla vita del professore.
Il rapporto tra Lambrechts e gli artenesi va via via consolidandosi: il paese riesce finalmente a
capire che quello straniero, dal lavoro bizzarro, che violava dolcemente l’impenetrabilità dell’anima
di Artena, in realtà stava dando il volto alla storia del paese. Cercava le radici profonde di un popolo
millenario, tenace, duro, resistente, proprio come quelle persone che Lambrechts incontrava tutti i
giorni, con cui condivideva successi, sconfitte, conflitti (Roger Lambrechts (1927-2005) par Jacques Poucet, 2008) .
Il Professore stabilisce dei rapporti umani profondi, unici, indimenticabili che ci vengono descritti
con le stesse parole di nostalgia e di ammirazione da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e che ora,
forte dei suoi insegnamenti, soffre nel vedere perso e brutalizzato il lavoro di un uomo di immensa
statura morale e professionale.
Il suo rigore scientifico si concretizza nella pubblicazione tempestiva di tre volumi sugli scavi di
Piana Civita (Artena 1, 1983; Artena 2, 1989; Artena 3, 1996) e su una serie di articoli e
partecipazioni a convegni che finalmente mettono in luce, nel panorama internazionale
dell’archeologia, il sito archeologico di Artena.
Lambrechts credeva in Artena:
« le travail des Belges à Artena a été inscrit « dans le cadre d’un vaste programme de
sauvegarde et de mise en valeur du patrimoine archéologique européen » ; le Parc
archéologique d’Artena a été décidé et a reçu un début d’exécution. Si ces perspectives
aboutissent, Roger Lambrechts et son équipe auront également contribué au
développement d’une petite bourgade d’Italie, restée jusqu’ici en dehors des grands
circuits touristiques.
»
(Trad: // Il lavoro dei belgi ad Artena è inscritto all’interno di un vasto programma di
salvaguardia e valorizzazione del patrimonio archeologico europeo ; il Parco Archeologico di
Artena è stato elaborato e i lavori per la realizzazione sono appena incominciati. Se questi
progetti saranno concretizzati, Roger Lambrechts e la sua squadra avranno contribuito
significativamente allo sviluppo di un piccolo borgo d’Italia, fin’ora rimasto al di fuori di grandi
circuiti turistici
).
E leggendo queste righe rifletto su quanto, di tutto il lavoro, l’impegno, la pazienza, la
passione e i sogni di quello straniero che quaranta anni fa mise piede ad Artena con una
valigia di progetti, sia rimasto.
Dov’è il Parco Archeologico che rende giustizia ai suoi lavori e alle sue aspettative?
Dove quell’Artena meta di circuiti turistici? Dove quei tesori portati alla luce? È
possibile che con la sua morte, tutto sia morto con lui, contrariamente a quanto lui
credeva e a quanto la storia e l’archeologia insegnano?
È possibile che non riusciamo ad ascoltare il cuore pulsante di antiche civiltà che ancora batte vivo
sotto la terra? A renderci conto che tutto è morto, perché noi lo pensiamo morto? Lambrechts è morto « le 13 août 2005, à l’âge de 77 ans, après une longue et pénible maladie,
supportée avec un courage et une dignité qui ont marqué tous ceux qui l’ont connu.
»
(Trad: // il 13 agosto 2005, all’età di 77 anni, dopo una lunga e difficile malattia, affrontata con un coraggio e una dignità che hanno colpito tutti quelli che l’anno conosciuto ).
Il suo nome compare a caratteri cubitali a fianco del Museo Archeologico a lui intitolato ma chiuso;
il nome è intagliato in una lastra di ferro arrugginito e oggi barbaramente coperto da alcuni segnali
stradali.
« Il était très lié à Artena, et cet attachement – réciproque – explique
qu’il ait voulu – détail significatif et émouvant – que ses cendres y soient
dispersées. La cérémonie eut lieu le 4 avril 2006, par une belle après-midi
printanière. Ce jour-là, notera une de ses filles, « les arbustes sauvages
étaient en fleurs, le vaste horizon sur les basses montagnes de la Ciociaria
était bien dégagé
».
(Trad: // Lui era molto legato ad Artena e questo legame, reciproco, spiega il suo desiderio –dettaglio
significativo e commovente- di spargere le sue ceneri ad Artena stessa. La cerimonia ha avuto luogo il 4 aprile 2006, in un bel pomeriggio di primavera. In quel giorno, una delle sue figlie noterà come gli arbusti selvaggi fossero in fiore e l’orizzonte sulle basse colline della Ciociaria fosse ben nitido
).
Il suo ultimo desiderio era eterizzarsi e riposare in quel luogo che lo aveva ospitato e che aveva
amato perdutamente; non il belgio ma Artena come ultima dimora.
Il proseguimento di questa storia è agghiacciante; è l’omicidio della memoria, lo stupro della
conoscenza, il trionfo dell’idiozia.
Passeggiando tra gli ostili cardi che hanno sostituito gli arbusti in fiore e che rendono inaccessibile
il paesaggio di Piana Civita, si arriva alla targa commemorativa di Lambrechts, adagiata ai piedi
dell’albero che il Professore aveva scelto per riposarsi nei giorni più caldi, per riordinare i pensieri e
perdersi in un magnifico paesaggio.
Questa targa, simbolo della memoria, è stata violentata con alcuni colpi di arma da fuoco, che
hanno lasciato tracce nere indelebili sul candore della pietra. Questi colpi irrispettosi, criminosi,
imbecilli sono un’onta per l’intero paese di Artena.
Siamo tutti complici di questa violenza invisibile e visibile, perché abbiamo dimenticato, perché
non visitiamo quei luoghi colmi di storia e lasciamo a pochi esseri privi di coscienza e colmi di
idiozia agire indisturbati.
Siamo stati abituati a dimenticare, obliare. Esattamente l’opposto di quello che il Professor
Lambrechts faceva. Dimentichiamo così spesso che non abbiamo più la forza e la capacità di indignarci e di reagire.
Dimenticare vuol dire non cercare. Non cercare vuol dire non essere curiosi. E l’assenza di curiosità
porta alla formazione di automi pronti solo a obbedire.
Indigniamoci! ARTENA INDIGNATI! Non possiamo portarci addosso il peso di questa vergogna.
Da cittadina di Artena sento l’esigenza di pretendere da chi di competenza un rimedio a questo
scempio, perché colpevole, con l’incuria, di aver creato le condizioni per permetterlo.
Da archeologa, vorrei che tutto il lavoro del Professor Lambrechts sia rivalorizzato per rendere
giustizia agli enormi sforzi e alla memoria del Professore, affinché la concessione della cittadinanza
onoraria artenese non resti solo un atto di ipocrisia.

Un paese che ignora il proprio ieri, non può avere un domani” (Indro Montanelli).

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