Movimento #15OTT, tra lacrimogeni e vecchie bandiere
Quello che rimane sono fumogeni e frustrazione. Una delusione che pesa sulle spalle e limita ogni volontà di un lucido racconto di quello che è stato. Eravamo tanti ed eravamo colorati. Ma non eravamo abbastanza maturi. Sono tanti gli aspetti da analizzare: le scelte della polizia, la cultura dei manifestanti, le incapacità degli organizzatori, la demenza dei black bloc. Ero a Piazza San Giovanni durante le cariche e i fumogeni, ad osservare, immagazzinare, focalizzare.
All’interno di un movimento tanto eterogeneo quanto numeroso purtroppo sono saliti alla ribalta quelle centinaia di criminali con le maschere anti-gas, gli occhialetti, il casco. Non so quanti fossero quelli che la stampa chiama black bloc, ma vedere ragazzi e ragazze ventenni con il cappuccio e le maschere mi spinge sempre di più a chiedermi il perchè di una scelta tanto estrema. Ma quello su cui voglio puntare il dito, invece, è sulla consistenza stessa del movimento #15OTT e le sue scelte. Perchè la sensazione è che in Italia non siamo ancora maturi per un vero cambiamento. Rimaniamo fossilizzati in schemi del passato: schemi, slogan ed etichette che devono essere scavalcati e sopraffatti se vogliamo guardare al futuro, perchè arranchiamo dietro vecchie ideologie, che per quanto rispettabili, sono parte di un passato che va messo da parte. Sentire i cori “rispettiamo solo i pompieri” davanti alle macchine bruciate, leggere le giustificazioni di alcuni giornali e di tanti blog nei confronti della violenza espressa, sentire le reazioni a caldo di tanti manifestanti, rimanda a un clima da anni 60. E a un movimento fortemente di parte, fortemente schiacciato a sinistra, decisamente antagonista della Polizia e delle Forza Armate, tanto da individuare in loro un costante nemico.
I Neri si muovevano dentro e fuori la pancia della manifestazione, erano veloci e difficilmente isolabili, erano determinati, nichilisti, violenti anche nei confronti dei manifestanti che più volte hanno provato a isolarli, venendo anche allo scontro. Ma di fronte allo schieramento della Polizia, una parte del movimento, in particolare quello dei centri sociali, anche non appoggiando apertamente le azioni dei Neri, in qualche modo le ha giustificate. E’ così che abbiamo visto un camion dei Centri Sociali entrare a S. Giovanni in piena guerriglia, cercando inesorabilmente di conquistare la piazza, portando con se un migliaio di ragazzi che si sono così ritrovati nel pieno della battaglia. Ci siamo interrogati in questi giorni su quali debbano essere i modi più gusti per manifestare un dissenso. Io ritengo che un movimento che decide di organizzare un corteo imponente ma che presti facilmente il fianco all’intervento di frange violente, non ha ancora la forza interiore e la lucidità di mostrarsi al mondo e al proprio Paese. Un movimento maturo avrebbe fatto di tutto per manifestare il proprio dissenso in maniera pacifica, e se questo avesse significato, ahimè, rinunciare alla sfilata per un sit-in, non avrebbe mai dovuto esitare e scegliere la soluzione più intelligente e meno rischiosa. Qui non si tratta di negare il sacrosanto diritto a manifestare, ma avere la capacitá di scegliere la giusta via del dissenso. Che deve essere sempre civile e soprattuto pacifica. Sabato pomeriggio ha rappresentato una grande occasione persa. Perchè nonostante le diverse opinioni che ogni singolo individuo portava in piazza, rappresentavamo al Paese un forte campanello di allarme, una decisa richiesta di cambiamento. Una richiesta che abbiamo l’obbligo morale di portare avanti, con convinzione, rifiutando ogni categorizzazione ed etichetta, perchè, e voglio ripeterlo ancora una volta, questo è un movimento che deve oltrepassare le barriere degli schieramenti, eliminare le bandiere (ce n’erano tante, troppe sabato) e l’iconografia degli anni passati, dimostrare di saper essere trasversale. Altrimenti questo movimento è già vecchio, già da rottamare e da archiviare.
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