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Dalla parte della legalità.

Dalla parte della legalità.

Ben 67 anni fa, il 2 e il 3 Giugno del 1946, si votò il referendum per la Monarchia e la Repubblica oltre che i deputati dell’Assemblea costituente che avrebbero di lì a poco scritto e redatto “la più bella del mondo”, la Costituzione della Repubblica Italiana.

La nostra Carta Costituzionale poi fu approvata il 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio del 1948.

In quel momento, cambiò radicalmente la storia e la tradizione culturale del nostro Paese.

Così, stamattina, sono stato invitato a Colleferro, presso l’Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato “Paolo Parodi Delfino”, dove si è svolta un’importante giornata di studio sulla legalità. E io, ovviamente, sono andato.

Sono andato anche perché, avrei avuto modo di conoscere il dottor Franco Roberti, Capo della Procura della Repubblica di Salerno, in cima alla lista dei “papabili” per la successione al posto di Procuratore Nazionale Antimafia, lasciato scoperto da Piero Grasso, attuale Presidente del Senato della Repubblica.

Ci sono andato anche perché sono trascorsi esattamente 21 anni dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; 20 per la precisione, dalla morte di Don Puglisi.

Ci sono andato, poi, per vedere se avessi trovato in una giornata come questa, il senso del mio essere cittadino, del mio lavoro e del lavoro dell’associazione di cui faccio parte.

Quegli uomini credevano nello Stato, credevano nei diritti, credevano nella diffusione e nell’attuazione di quei diritti. E ci credevano così tanto, che in cambio, hanno dato la loro vita.

E io, come tutti, li ricordo per il loro coraggio, li ricordo perché non si sono mai tirati indietro, perché hanno scelto da che parte stare ed hanno resistito, finché hanno potuto.

Eppure quello che mi sono chiesto oggi, e quello che si è chiesto anche il Procuratore Roberti è stato questo: com’è possibile che in un Paese come l’Italia, il nostro bel Paese, che è stato la culla della civiltà, che ha resistito al fascismo, che ha dato vita alla Costituzione “più bella del mondo”, ancora non sia riuscito a scrollarsi di dosso questo immane fardello, questo peso inquietante, questo ospite indesiderato, … la mafia?

Com’è possibile che esista ancora oggi la mafia, la negazione del diritto e dei diritti?

Forse una risposta oggi ce la siamo data. Forse è mancata l’attuazione di tutti quei principi che la nostra Costituzione ci ha regalato, quei principi fondamentali, che per troppi anni abbiamo calpestato e deriso.

Uno degli articoli più belli della nostra Costituzione è il terzo. Ci dice che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. EÈ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Questo articolo non è mai stato rispettato. A dispetto dei nostri padri fondatori che ci avevano spianato la strada per costruire i nostri sogni e noi poi ce li siamo distrutti.

E le mafie da qui nascono. Dalla stagnazione delle coscienze, dalla stratificazione della nostra morale, dalle sacche di disperazione generate dalle disuguaglianze sociali.

E le mafie approfittano di queste disuguaglianze. Da queste traggono linfa vitale. E sempre da queste arruolano manovalanza. Giovani disoccupati e ignoranti, sempre più insofferenti e sempre più col “male di vivere” addosso, con la noia che li attanaglia. Padri di famiglia disperati. Madri pronte a tutto per portare il pane ai loro figli.

Cos’è questa mafia che ci gira intorno? È un circo sgangherato senza più volti e senza più numeri, solo maschere e solo giochi visti e risaputi, ma talmente sedimentati che nemmeno più ce ne rendiamo conto.

I nostri occhi hanno fatto l’abitudine ormai a comportamenti, modi di fare, di agire, di pensare, che raramente ci soffermiamo a dire: forse questo non si fa. La legalità da faro e punto di riferimento è diventato un miraggio. Un’illusione o una parola per pochi stupidi sognatori. Uno di questi, sono io. Poi penso a Lennon e mi dico, potrei essere anche un sognatore, ma almeno non sono l’unico (spero).

E così il procuratore Roberti ci racconta di come la criminalità organizzata si sia inserita nello smaltimento dei rifiuti in Campania, di come questa dal Sud sia pian piano arrivata anche al Nord e di come dal Nord, poi, sia arrivata anche in Europa.

Ci dice di come la mafia si diffonda nei Paesi in cui vi è una scarsa o poco efficiente normativa anti corruzione o preventiva delle criminalità organizzate.

Poi arriva a noi giovani. Noi che ci hanno caricato di una responsabilità che neanche fossimo dei supereroi. Noi che ci dicono che dobbiamo cambiare le cose, noi che ci dicono che abbiamo le capacità, i mezzi e gli strumenti adatti per cambiare le cose.

Mi tornano alla mente le parole di Massimo Ottolenghi (“RIBELLATEVI”) o di Stephane Hessel (“INDIGNATEVI”). Loro sono novantenni, hanno fatto la guerra, la Resistenza. Loro hanno difeso i loro diritti e ci dicono a noi oggi di farlo, in maniera non violenta certamente, ma ci chiedono di farlo.

Difendere i nostri diritti. La legalità è la strada maestra. È il percorso da intraprendere, è il cammino che seguiremo. Il viaggio di tutta la nostra vita. Perchè dove c’è mafia c’è negazione, dove c’è legalità c’è costituzione e attuazione di diritti.

E una buona parte di noi giovani, ogni santo giorno, si interessa di questioni che riguardano la nostra società, che riguardano il rispetto e l’osservanza della legge. Ci impegniamo nel rimuovere quegli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Perchè questo è il nostro compito. Perché è questo che la Costituzione ci chiede di fare.

Certo, da giovane ventunenne, avrei preferito se avessi trovato un Paese diverso, migliore, più rispettoso della legge, meno corrotto, più pulito. Ma dovrei star qui ad incolpare chi prima di me, intere generazioni (in parte) hanno lasciato che questo avvenisse, ma non lo farò. Dovrei lottare contro mio padre o mia madre, vittime (forse) e artefici (anche) del loro tempo e di questo tempo.

E noi giovani siamo consapevoli di questo, ed è per questo che abbiamo abbracciato la nostra Costituzione, ed è per questo che ci occupiamo di politica, che scaviamo, indaghiamo e cerchiamo la verità. La verità, in greco si dice “aletheia”, ovvero “ciò che non può essere nascosto”. E noi cerchiamo, facendo informazione, quello che tanti proveranno a nascondere ma che noi dissotterreremo e mostreremo a tutti.

Perchè noi ci occupiamo di politica, nel senso più nobile del termine, nel senso più alto del suo significato. Perchè la politica è il fondamento della democrazia, perchè la politica è la ricerca del nostro bene comune, il nostro bene più prezioso, la giustizia.

Ed è bene che tutti sappiano ciò che non va bene. È bene che tutti coltivino i loro sogni e le loro speranze, che tutti intervengano nella vita politica, che siano cittadini attivi e partecipi e non sudditi. Perchè un popolo più colto è un popolo più difficile da governare male.

Il fondamento di ogni cosa è la cultura. E la cultura del diritto è l’arma più potente che abbiamo contro la mafia. E lo Stato può vincere la mafia. Noi abbiamo gli strumenti per farlo. Noi ce la possiamo fare solo se staremo tutti insieme, uniti nella convinzione di un unico ideale e di un unico fine da perseguire: la giustizia sociale, il nostro bene comune.

Perché, come diceva Piero Calamandrei, lo Stato siamo noi. Non deleghiamo sempre, prendiamo in mano la situazione e agiamo. Ma non gridiamo ai diritti, se non rispettiamo i nostri doveri prima. Non gridiamo al ladro, non facciamo le vittime, quando siamo i carnefici di noi stessi.

Così oggi ho rivalutato il ruolo che abbiamo come associazione all’interno della società. Ho ripensato alle parole che il Sindaco ci ha rivolto qualche settimana fa. Ho ripensato a quanto ne abbiamo poi riparlato fra di noi, a quanto abbiamo scritto.

E si, ora lo posso dire. Ci sono rimasto male. Mi sono sentito umiliato e non gratificato del tempo che ogni giorno, ogni volta spendiamo per occuparci dei problemi della comunità, dei cittadini. Mossi da un’ideale di libertà e di giustizia che mai potremmo calpestare, che mai lasceremo morire nel silenzio.

Oggi però mi sono sentito apprezzato. Ho sentito sulle spalle il nobile peso che si deve sopportare per occuparsi di questioni comuni, di cose forse più grandi di noi, ed è stato bello.

Ed è stato bello sentirsi parte di una realtà molto più grande di noi, sentirsi davvero cittadino. Sentirsi un punto di riferimento per tanti, molti cittadini, grandi e bambini, che di noi si fidano, che in noi credono, che in noi sperano. E mi sono sentito ripagato di tutto quel tempo, di tutte quelle ore, come questa in cui scrivo, in cui metto da parte la mia vita privata, i miei studi e mi dedico a questo: alla mia società, al mio Paese, al mio bene comune.

Così, mi sono anche commosso e poi tutti insieme abbiamo gridato “IO ODIO LA MAFIA”.

E io odio la mafia e io odio chi insulta e disprezza il nostro lavoro. Chi insulta la nostra ricerca della verità. Il nostro bene comune.

 

 

 

 

  • gianni

    ..salve sono Gianni Capparella l’organizzatore della manifestazione sulla legalità avvenuta il 03 giugno, ho letto queste bellissime parole mi hanno fatto venire i brividi, meno male che ogni tanto assieme al grande Procuratore Roberti riusciamo a smuovere qualche coscienza, perchè il nostro compito è quello, se vuoi contattarmi per qualsiasi cosa

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