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Comunicato di Mino Massimei: venite a firmare.

28 aprile 2010 visto 583 volte 11 Commenti Scritto da Martina

Prima di tutto ci sembra opportuno dire ai cittadini il perché- le motivazioni più profonde- che hanno spinto ad  indire un referendum per rimettere l’acqua nelle mani del pubblico.  Non vogliamo che aziende quotate in borsa, oppure i famelici appetiti di potentati locali che hanno come unico obiettivo quello di fare business, possano gestire con i loro metodi quello che è per noi un bene di tutti. Vogliamo rimettere al centro l’azione del pubblico, e le tante associazioni e movimenti che hanno deciso di fare questa battaglia di civiltà, si impegnano a far si che dopo il referendum non cali l’attenzione sulla gestione di un bene che è della collettività e che deve essere gestito per la collettività. Non per le borse di nessun luogo,di nessun mercato. Di seguito i tre quesiti referendari che i cittadini sono  chiamati a condividere. Anche ad Artena sarà possibile firmare nelle prossime settimane, vi comunicheremo a breve i luoghi e le date. Avremo voluto far prima ma abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti e quindi fatevi avanti.

Mino Massimei Circolo Arci “Montefortino 93”  ( L’Arci è solo una delle associazioni che hanno indetto questo referendum chi vuole per tutte le informazioni può consultare il sito www. acquabenecomune.org).

PRIMO QUESITO: fermare la privatizzazione dell’acqua

Si propone l’abrogazione dell’art. 23 bis (dodici commi) della Legge n. 133/2008 , relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica.

È l’ultima normativa approvata dal Governo Berlusconi. Stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%.

Con questa norma, si vogliono mettere definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 ATO (su 92) che o non hanno ancora proceduto ad affidamento, o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime infatti cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%. La norma inoltre disciplina le società miste collocate in Borsa, le quali, per poter mantenere l’affidamento del servizio, dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il dicembre 2015.

Abrogare questa norma significa contrastare l’accelerazione sulle privatizzazioni imposta dal Governo e la definitiva consegna al mercato dei servizi idrici in questo Paese.

SECONDO QUESITO : aprire la strada della ripubblicizzazione

Si propone l’abrogazione dell’art. 150 (quattro commi) del D. Lgs. n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), relativo ala scelta della forma di gestione e procedure di affidamento, segnatamente al servizio idrico integrato.

L’articolo definisce come uniche modalità di affidamento del servizio idrico la gara o la gestione attraverso Società per Azioni a capitale misto pubblico privato o a capitale interamente pubblico. L’abrogazione di questo articolo non consentirebbe più il ricorso né alla gara, né all’affidamento della gestione a società di capitali, favorendo il percorso verso l’obiettivo della ripubblicizzazione del servizio idrico, ovvero la sua gestione attraverso enti di diritto pubblico con la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali. Darebbe inoltre ancor più forza a tutte le rivendicazioni per la ripubblicizzazione in corso in quei territori che già da tempo hanno visto il proprio servizio idrico affidato a privati o a società a capitale misto.

TERZO QUESITO : eliminare i profitti dal bene comune acqua

Si propone l’abrogazione dell’’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.

Poche parole, ma di grande rilevanza simbolica e di immediata concretezza. Perché  la parte di normativa che si chiede di abrogare è quella che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio.

Abrogando questa parte dell’articolo sulla norma tariffaria, si eliminerebbe il “cavallo di Troia” che  ha aperto la strada ai privati nella gestione dei servizi idrici, avviando l’espropriazione alle popolazioni di un bene comune e di un diritto umano universale.

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11 Commenti »

  • n. 1 - martina (autore) ha detto:

    Saremo:
    il 1 Maggio e il 2 maggio in Piazza Galileo Galilei dalle ore 8 alle 21, così anche il week end successivo;
    il mercoledì troverete un banchetto nei pressi del mercato, dalle ore 8 alle ore 14.

    • n. 2 - guido ha detto:

      Complimenti per l’iniziativa, mi rendo conto di essere antipatico ma prendendo spunto dall’articolo:
      Le associazioni “si impegnano a far si che dopo il referendum non cali l’attenzione sulla gestione di un bene che è della collettività e che deve essere gestito per la collettività”
      E’ quindi importante impegnarsi dopo l’esito del referendum, secondo me non si mette bene in evidenza il fatto che sicuramente decine di milioni persone votarenno per l’abrogazione (anche io) ma con tutta probabilità non si raggiungerà il quorum (vedere su internet la storia recente di referendum).
      Il pericolo è che il famoso 10% della popolazione che detiene la maggioranza della ricchezza e intende speculare sulla vita dei cittadini canterà vittoria, alla faccia di noi milioni di persone che siamo contro la privatizzazione.
      Quindi teniamo ben presente che il referendum deve essere uno strumento per mantenere viva l’attenzione sull’argomento ma non dobbiamo nasconderci la storia referendaria, non mettiamo la testa sotto la sabbia.
      Si al referendum ma diciamolo che con la normativa attuale e uno scenario in cui vota solo il 70% è un gioco da ragazzi per chi si ppone convincere il restante 20% ad andare al mare